Fotovoltaico: perché non possiamo fare a meno dei pannelli a terra

Molti degli attori che vorrebbero porre un limite ai pannelli a terra sostengono che non sono contrari all’utilizzo del fotovoltaico in sé e per sé. Semplicemente, propongono di installarli sui tetti per non “consumare suolo agricolo”. Tralasciando il fatto che i pannelli non consumano suolo ma vengono posizionati su porzioni di terreno dove è possibile condurre attività agricole e silvo-pastorali e che, una volta finita la loro vita utile, lasciano il terreno libero e spesso più fertile di prima, vi spieghiamo perché questa strada non è percorribile.

Come abbiamo scritto di recente in una nota stampa, GIS – Gruppo Impianti Solari considera realistica la stima di Ispra secondo cui, “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che sfruttando gli edifici disponibili ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa tra 70 e 92 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile complessiva previsto dal Pniec (piano energia e clima, ndr) al 2030”.

Non riteniamo però questa strada praticabile per via degli ostacoli di tipo gestionale, finanziario e assicurativo. Con la sentenza 73 del 3 gennaio 2024, il Tar della Campania ha stabilito che l’installazione di pannelli fotovoltaici in area vincolata non è possibile solo a fronte di motivazioni particolarmente stringenti nel diniego di autorizzazione paesaggistica. Questa è una buona notizia per le Fer, ma teniamo presente che la semplice presenza di un’antenna televisiva o di un albero può compromettere pesantemente il rendimento di un impianto.

Pensiamo ora ai condomini. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 1337/23, ha stabilito che si possono montare pannelli su parti comuni dell’edificio senza dover ottenere l’ok dall’assemblea, a condizione che l’impianto garantisca le condizioni di stabilità e sicurezza per il decoro architettonico del palazzo. Questo tipo di impianti al momento riesce però a creare un quantitativo di energia di poco conto, utile a coprire i consumi di chi ci vive e poco più.

Bisognerebbe poi capire come incentivare questo tipo di interventi senza misure come il Superbonus 110%. Già a partire da questo anno, la detrazione è infatti scesa al 70% tranne per i cittadini con redditi inferiori a 15mila euro che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento [GG1] dei lavori non inferiore al 60 per cento al 31 dicembre 2023. Come stabilito dal decreto contenente “Disposizioni urgenti in materia di termini normativi” approvato nel Cdm del 28 dicembre, solo per questi ultimi è infatti previsto specifico contributo che sarà erogato, nei limiti delle risorse disponibili, dall’Agenzia delle entrate.

Aggiungiamo un ultimo elemento, se non siete ancora convinti. Nell’ambito di un ricorso presentato contro l’istanza di rigetto di un’autorizzazione per un impianto, GIS ha calcolato su quanti edifici – e quindi tetti – di Milano bisognerebbe installare pannelli per raggiungere la produzione fotovoltaica di un impianto a pannelli montati su tracker a inseguimento da 150 MWp nel centro Italia. Ebbene, Milano ha una superficie totale di 18mila ettari di cui 3,200 occupati da tetti, residenziali, commerciali ed industriali. Non tutti sono idonei per l’installazione di pannelli perché non piatti oppure orientati a nord, o est, o ovest. La maggior parte, inoltre, è composta da tetti condominiali per i quali è difficile trovare un accordo per procedere. Possiamo ipotizzare un 10% idoneo al massimo: 320 ettari, in uno scenario ottimista. Considerando che parliamo di residenziale, quindi frazionato in maniera non ottimale, ci vorrebbero ancora circa due ettari per MW, anche con moduli ad alta efficienza. Cosa emerge da tutto ciò? Lo spazio dei tetti di Milano sarebbe sufficiente sì e no per 150MW con anni di lavoro per autorizzazioni, accordi, e messe in sicurezza.