Falsi miti sulle energie rinnovabili, facciamo chiarezza su alcuni dei punti più dibattuti che riguardano il nostro settore.

Nonostante le energie rinnovabili rappresentino un’importante opportunità per contrastare i cambiamenti climatici e ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese, c’è chi manifesta ancora molti dubbi e scetticismo a riguardo.

C’è chi crede, ad esempio, che le energie rinnovabili rappresentino un rischio per l’ambiente e per i terreni agricoli; chi invece pensa che la transizione energetica porterà alla perdita di numerosi posti di lavoro; ancora, chi ritiene che la produzione dei pannelli fotovoltaici abbia un impatto ambientale che ne vanifica l’efficacia in termini di riduzione delle emissioni di CO2.

In questo articolo noi di GIS vogliamo fare chiarezza e sfatare alcuni falsi miti che riguardano proprio il settore delle energie rinnovabili.

La transizione energetica toglierà numerosi posti di lavoro. FALSO

In Italia solo in pochi vedono il settore delle energie rinnovabili come un’opportunità per creare occupazione. Eppure, secondo un’indagine del CENSIS per ASSOSOMM (Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro), con le energie rinnovabili nei prossimi 4 anni si potrebbero generare ben 150mila nuovi posti di lavoro tra tecnici, elettricisti, consulenti, installatori e designer.

Ma anche professionisti con competenze trasversali o legati al risparmio energetico come figure manageriali, geometri ambientali, tecnici ecologici e manutentori potranno cogliere importanti opportunità lavorative con lo sviluppo delle energie rinnovabili.

Infine non si può tralasciare, soprattutto in un Paese come l’Italia, il settore agrivoltaico per il quale serviranno figure professionali esperte in grado di realizzare e gestire impianti fotovoltaici in contesti agricoli.

Fig.1 Le energie rinnovabili rappresentano un’opportunità per creare occupazione nel nostro Paese.

Le energie rinnovabili rubano suolo all’agricoltura e non tutelano la biodiversità. FALSO

Il rapporto Solar, Biodiversity, Land Use: Best Practice Guidelines dell’associazione europea SolarPower Europe parla chiaro: il fotovoltaico, se ben progettato, può essere uno strumento utile per tutelare la biodiversità, salvaguardare il clima e gli ecosistemi ed abbattere le emissioni di CO2.

La scelta del sito di installazione se ben ponderata, unitamente a un’accurata disposizione dei pannelli fotovoltaici, può infatti contribuire alla valorizzazione della flora e della fauna locali.

Esistono due tipi di fotovoltaico sostenibile per la tutela del suolo: l’agrivoltaico e il fotovoltaico galleggiante, che offre benefici per gli ecosistemi acquatici. Mentre il galleggiante richiede ulteriore ricerca e sviluppo tecnologico affinché possa essere impiegato su larga scala, l’agrivoltaico è un sistema ampiamente messo in pratica e prevede un doppio utilizzo del suolo: a fine energetico e agricolo.

L’ombreggiamento generato dai moduli fotovoltaici contribuisce infatti alla crescita della flora anche nei climi più ostili e secchi. Di conseguenza la presenza di vegetazione favorisce a sua volta la cattura del carbonio e il ciclo dell’azoto, con effetti positivi sulla fauna.

Fig.2 L’ombreggiamento generato dai moduli fotovoltaici contribuisce alla crescita della flora anche nei climi più ostili e secchi

Tra i detrattori della tecnologica fotovoltaica c’è chi sostiene che la loro produzione e smaltimento abbiano un impatto ambientale che ne vanifica l’efficacia in termini di riduzione delle emissioni di CO2. FALSO . FALSO

Anche questa affermazione è infondata. Un recentissimo rapporto della International Energy Agency (IEA) afferma: “i pannelli solari devono funzionare solo per 4-8 mesi per compensare le loro emissioni di produzione a fronte di una durata media del pannello di circa 25-30 anni”.

Molti studi stimano infatti che l’impatto complessivo in termini di emissioni del fotovoltaico sia fortemente correlato al luogo di produzione dei moduli e alla località in cui questi vengono installati. Va detto che a oggi il 70% della produzione mondiale fotovoltaica proviene dalla Cina che ha un livello di emissioni chiaramente superiore rispetto alla produzione in altri Paesi, ma con un impatto comunque inferiore di 5-15 volte rispetto a quello delle centrali termoelettriche.

Inoltre, tra il 2015 e il 2020, le emissioni connesse alla produzione di sistemi solari in silicio monocristallino (tecnologia che rappresenta ormai larga parte del mercato mondiale) nel contesto elettrico cinese si sono praticamente dimezzate.

Anche il Carbon Border Adjustment Mechanism, cioè la tassazione prevista per le future importazioni in Europa in relazione al loro contenuto di carbonio, spingerà le imprese che vorranno vendere sul mercato UE a ridurre la loro impronta di carbonio. Questo spiega perché un numero crescente di aziende fotovoltaiche cinesi stia puntando ad un’alimentazione da fonti rinnovabili.

Infine, quando un impianto fotovoltaico finisce la propria vita utile o deve essere dismesso per una qualsiasi ragione, entrano in gioco diverse modalità per il recupero dei materiali che compongono i moduli, che possono quindi essere utilizzati per ulteriori realizzazioni. Perciò il fotovoltaico, al contrario di quello che si pensa, è rispettoso dell’ambiente e, a seconda dei casi, di ogni pannello viene riciclata una percentuale tra l’80 ed il 90%.

Molti detrattori del fotovoltaico sostengono che una rete che si basi prevalentemente sulle energie rinnovabili sia poco affidabile. FALSO.

Per smentire questa affermazione basta prendere il SAIDI – System Average Interruption Duration Index – che misura la durata totale media delle interruzioni (in ore) sperimentata da ciascun Paese in un anno, ed è comunemente utilizzato per valutare quantitativamente l’affidabilità delle reti elettriche.

Ecco un esempio concreto. In Germania, dove le energie rinnovabili forniscono quasi la metà dell’elettricità del Paese, nel 2021 il valore del SAIDI era di sole 0,12 ore mentre per

Francia e Svezia, nazioni maggiormente dipendenti dall’energia nucleare, i valori salgono rispettivamente a 0,35 e a 0,61 ore.

I fatti, e non le parole, confermano ancora una volta come le fonti rinnovabili siano affidabili, economiche ed ecologiche.