Per l’Europa il 2021 è stato un anno da record in termini di nuova capacità installata e il settore delle energie rinnovabili, seppur lentamente, è in crescita anche nel nostro Paese grazie in particolar modo agli incentivi fiscali del superbonus 110%. In questo articolo vogliamo provare a disegnare il quadro della situazione e capire se l’Italia sarà in grado di raggiungere gli importanti obiettivi climatici che l’Europa le ha richiesto entro il 2030.
Il mercato dell’energia è in crisi e chi ne soffre di più sono famiglie e imprese, per le quali i costi dei consumi energetici rischiano di diventare insostenibili.
Le attuali politiche monetarie espansive hanno concorso ad aggravare l’inflazione. Nei settori destinatari delle misure di sostegno e incentivo, piuttosto che ampliare l’offerta (e i costi), gli operatori hanno reagito alzando i prezzi dell’intera catena distributiva e produttiva, con spostamento di ricchezza per lo più a classi già avvantaggiate e verso paesi extra UE. Nel settore energetico, la ripresa dei consumi richiede maggiore energia nei procedimenti produttivi e la cosiddetta transizione ecologica è stata letta come una provocazione internazionale che, sulla spinta di problemi geopolitici mai risolti, ha causato l’innalzamento del prezzo delle fonti fossili.
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L’energia da fonte rinnovabile non è la causa del problema ma, per il meccanismo del prezzo marginale, quella immessa nella rete elettrica nazionale viene ora venduta sul mercato allo stesso alto prezzo di quella prodotta da fonti fossili.
Una delle soluzioni del problema è implementare rapidamente le fonti rinnovabili, per non dipendere più dai ricatti dei Paesi importatori, sempre ricordando che siamo in piena crisi ambientale e climatica. Invece, attualmente è stata innalzata la tassazione su talune voci di profitti dei produttori di energia (anche rinnovabile). Ad aggravare la situazione delle rinnovabili, in questi mesi è notevolmente più difficile reperire in tempi e a prezzi ragionevoli le materie prime per realizzare gli impianti. I costruttori sono anche soffocati dalle complessità del sistema.
Il fotovoltaico in Italia è frenato dai rincari delle materie prime e dal problema delle fideiussioni
Dopo oltre due anni di ostruzionismo indiscriminato da parte del Ministero della Cultura e di un pugno di Soprintendenti, lo scorso novembre la Presidenza del Consiglio, spinta dal MITE, ha sbloccato circa 50 impianti tra solare ed eolico. A questi si aggiungono i progetti sbloccati dall’intervento della Giustizia Amministrativa. Una ventina sono progetti di associate GIS – Gruppo Impianti Solari e produrrebbero 2 GW di potenza, energia pulita che contribuirebbe a liberare il Paese dalle ritorsioni internazionali e dall’inflazione. Normalmente questi impianti sarebbero stati realizzati nell’arco di 3 o 4 anni, sfalsati in base ai rispettivi iter autorizzativi. Invece, ora sono tutti autorizzati contemporaneamente e realizzarli richiederà tempi lunghissimi, per due ragioni.
La prima: la domanda di materie prime è altissima, dunque i prezzi sono ulteriormente aumentati per il mercato italiano e ci saranno pesanti ritardi nelle forniture, così che le aziende costruttrici di impianti faticheranno a rispettare i tempi di realizzazione.
La seconda: l’impresa che costruisce impianti deve fornire garanzie bancarie per assicurare di essere in grado di costruire e risarcire il committente in caso l’impianto non venga costruito a regola d’arte e nei tempi previsti. In Italia, le imprese costruttrici realmente qualificate sono poche, tra queste alcuni associati di GIS quotati in borsa. È chiaro che se un’azienda si trova a dover coprire garanzie per 900 MW tutti insieme, tecnicamente si ritroverà saturata con il sistema bancario e assicurativo e non potrà fornire le fideiussioni, perdendo le commesse. Così, o si lascia libero terreno a costruttori non qualificati e non europei, oppure si accetta che il sistema sia in costante affanno, con rischio di crisi delle imprese e di continue interruzioni nel processo di transizione energetica. Situazioni che l’Italia e l’Europa non possono permettersi.
Che cosa può fare il Governo per aiutare la crisi energetica?
Esperti e giornali parlano di nucleare di nuova generazione, o di utilizzare gli extra profitti delle società energetiche. Ma, in disparte qualsiasi considerazione etica, il primo al momento in Italia non è realizzabile in tempi brevi, la seconda opzione è solo un palliativo immediato e danneggia le aziende del settore.
Esistono soluzioni efficaci e lungimiranti? Secondo noi di GIS, sì.
Innanzitutto, dovremmo guardare agli errori commessi. Molti problemi avrebbero potuto essere evitati se gli impianti fossero stati autorizzati in modo scaglionato, ognuno secondo i propri tempi di legge, invece di tenerli bloccati a decine senza ragioni fondate per poi sbloccarli in un colpo solo. Ciò ha causato una nuova situazione di stallo, quella sopra descritta. Quindi, la prima soluzione è una costante vigilanza nei confronti dei burocrati che, per pigrizia o motivi ideologici, tradiscono o abusano della legge per ritardare la realizzazione degli impianti rinnovabili.
Nell’immediato, lo Stato potrebbe sostenere le imprese costruttrici sane e pulite, facendo da garante per le fideiussioni da fornire nella realizzazione di parchi solari ed eolici. Così si potrebbero in breve tempo realizzare quei gigawatt di energia che ci servono nell’immediato e si supporterebbero a medio termine i costruttori italiani ed europei, rafforzando il mercato nostrano ed evitando che siano fondi speculativi stranieri a fare quello che le nostre aziende non riescono a fare.
Come sfruttare le energie rinnovabili per abbattere i costi dell’energia
La soluzione auspicabile è che, nel settore delle rinnovabili, il “PPA” – contratto che regola la compravendita diretta di energia tra produttore e acquirente – venga stipulato direttamente con i grandi distributori di energia. Se lo Stato prendesse in mano la regia di questo meccanismo, potrebbe stabilire che già in fase di autorizzazione di un progetto fotovoltaico (o eolico, o idroelettrico) il PPA venga stipulato con i player nazionali più solidi e con le carte in regola: questi soggetti non dovrebbero più acquistare gran parte dell’energia da forniture estere, ma stipulerebbero contratti con produttori italiani da cui comprare l’energia secondo logiche negoziate dal Governo italiano, non dipendenti dal mercato impazzito. Quindi a prezzi giusti, sganciati anche dal meccanismo del prezzo marginale. Lo Stato, infatti, potrebbe stabilire prezzi chiari e duraturi nel tempo e, di conseguenza, calmierare l’inflazione.
Questo meccanismo si integrerebbe perfettamente all’altro grande plus degli impianti di rinnovabili, ovvero che producono energia pulita in Italia. Portando la capacità rinnovabile italiana vicina al 72% a cui punta il Governo, non dovremo più dipendere dalle importazioni di gas. Ciò significa non dover pagare dazi per ogni Stato in cui passa il gasdotto, né pagare intermediari locali, né essere vittime degli squilibri geopolitici.
Ecco perché noi di GIS ci battiamo per supportare un fotovoltaico etico, costruito nel rispetto del paesaggio e nell’interesse dell’economia italiana, oltre che dell’ambiente.
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